I borghi di Coloniola e Borgovico, il Castel Carnasino e il Castello di Pontegana
Come erano e cosa resta di visibile oggi
Il Borgo di Coloniola
Oggi noto come Borgo Sant’Agostino, si trova sulla sponda nordorientale del lago. Il nome deriva o dal diminutivo del latino Colonia (piccolo insediamento rustico) o dai termini medioevali “Crugnola” o “Cluniola” (piccola lingua di terra abitata). In epoca romana non doveva essere un borgo importante, l’unica traccia trovata in zona è costituita da un piccolo mosaico ritrovato sotto il palazzo Castelli, la casa al civico 16 di piazza Amendola. La prima citazione del borgo risale alla guerra decennale, quando si parla di due ali fortificate: la grande Vico a occidente e la piccola Coloniola a oriente.
Non sappiamo bene dove fossero le rive del lago all’epoca, ma probabilmente la linea del lago penetrava molto più di adesso, arrivando quasi al palazzo Saibene. Il borgo era separato dalla città dal torrente Valduce, che fino alla fine del XVII secolo scendeva lungo l’attuale via Dante fino all’altezza di Piazza del Popolo, per poi deviare verso la montagna all’altezza dell’attuale Via Rezzonico. Da qui riprendeva a scendere verso il lago costeggiando il lato occidentale del giardino di palazzo Saibene e infine sfociava nel lago dove ancora oggi sfocia, all’interno dell’attuale molo di Sant’Agostino.
Inizialmente il borgo era collegato alla città da una sola strada che, partendo da porta San Lorenzo, passava nella zona dell’attuale via Maurizio Monti e collegava Como ai paesi del lago arrivando fino a Bellagio. La strada superava il torrente Valduce con un ponte che doveva essere posizionato più o meno all’incrocio tra la via Manzoni e via Foscolo. Verso la fine del XIII secolo, venne creato un secondo collegamento più diretto tramite la porta di Coloniola aperta nel tratto di muro orientale fatto costruire da Loterio Rusca; questa porta, che fu tamponata all’inizio del ‘500, è tutt’oggi visibile nel muro prospiciente la stazione delle Ferrovie Nord, in asse con la direttrice di via Ugo Foscolo. Dopo il ponte la strada seguiva all’incirca il percorso dell’attuale via Coloniola poi, superato il Voo de Cugnola nella zona dell’odierna piazza De Gasperi, proseguiva in salita e seguendo a mezza costa la linea del lago si dirigeva a verso Bellagio. Poco oltre piazza, se ne staccava una stradina che scendeva alla chiesa di San Clemente, situata nella zona dell’attuale Villa Geno.
La zona di Sant’Agostino è sempre stata una zona popolare, borgo di pescatori, lavandaie e artigiani, tenuto a vigne e orti che proseguivano su per la montagna verso Brunate, estendendosi fino a villa Geno. Le case erano edificate a nord dell’odierna piazza Sant’Agostino, lungo la parte asciutta della riva su cui si trovavano le darsene dei pescatori che però non erano collegate da una strada. A sud il borgo era separato dalla città da una zona di terreno basso e semi-impaludato dal torrente Valduce, chiamata la Moia. Solo a partire dal 1600 il borgo assunse una connotazione abbastanza urbanizzata, per poi crescere, più decisamente, nella seconda metà dell’800 quando venne interrato il porto di piazza Cavour ed il quartiere fu completamente ristrutturato con l’interramento del porto antico, la formazione della strada lungo la riva e la costruzione del molo e del porto di Sant’Agostino, che sostituì il porto commerciale di piazza Cavour rimanendo in servizio fino al 1955. Oggi è utilizzato solo come porto turistico di attracco per imbarcazioni private.
Itinerario di visita del borgo di Coloniola
La visita inizia dalla piazza Croggi dove, al civico 2 d’angolo col vicolo Bonola, sorgeva una torre medioevale; all’interno del negozio del Consorzio Agrario se ne possono vedere le mura possenti, che conservano ancora la porta di entrata e una porticina laterale che, probabilmente, la metteva in comunicazione con una più estesa struttura difensiva esterna.
Proseguendo per via Crespi, si sbuca davanti alla casa al civico 3 di via Parravicini, che conserva le fenditure per la manovra del ponte levatoio che permetteva di superare la valletta di un torrentello, oggi coperto;all’interno della casa si trova un muro spesso un metro, il che fa pensare che anch’essa facesse parte di una fortificazione.
Più a destra si apre il vicolo Parravicini; seguendolo e visitando i cortili interni si ha un’idea di come fossero le abitazioni e le vie del borgo, sono per lo più edifici risalenti al XIV o al XV secolo e comunque anteriori a 1500, restaurati su progetto dall’architetto Caniggia, che ospitano abitazioni, bar e ristoranti. Dai cortili si esce sul Lungo Lario Trieste e da piazza della funicolare, si torna indietro seguendo la via Coloniola. Sulla destra si trova un edificio che all’epoca era un deposito di calce e più avanti, a sinistra, si trova un piccolo spiazzo, che è quanto rimane del sagrato della chiesa di Sant’Antonino, abbattuta nella ristrutturazione ottocentesca, antica parrocchiale del borgo prima della costruzione della chiesa di Sant’Agostino, dove termina l’itinerario di visita.
Chiesa e chiostri di Sant’Agostino
La chiesa faceva parte del complesso monastico degli Agostiniani; essa venne consacrata nel 1379 e ha mantenuto la funzione di chiesa conventuale fino alla chiusura di tutti i conventi su ordine di Giuseppe II d’Austria nel 1772. Costruita in stile gotico cistercense è affiancata da due chiostri ed un refettorio. Unica chiesa gotica di Como, presenta una facciata intonacata cinquecentesca, tripartita da lesene, in cui si aprono due monofore verticali e un rosone ligneo a telaio ottocentesco.
L’interno è a tre navate chiuse da absidi piatte e scandite da archi ogivali poggianti su pilastri a sezione quadrata. Il soffitto presenta le capriate lignee originarie riportate alla luce negli anni ’60. Nella zona presbiterale sono conservati alcuni affreschi databili alla fine del 1300. La sola navata sinistra è arricchita da cappelle di gusto barocco. A fianco della chiesa si possono visitare i due chiostri, rifatti nel ‘500, che recano lacerti di affreschi ed il refettorio con il Cenacolo di Sant’Agostino con i suoi monaci, attribuito al Recchi (orari di visita dalle 09:00 alle 12:30 e dalle 14:30 alle 19:00).
Il Borgovico
Il Borgo di Vico si trova sulla sponda nordoccidentale del Lago. Ben poco si sa di cosa vi fosse in epoca romana; possiamo solo trarre alcune congetture sulla base dei ritrovamenti archeologici. Dagli allineamenti delle tombe e da quanto emerso dagli scavi di via Benzi (RAC 186), sappiamo che la via che arrivava da Milano non entrava direttamente in città, ma correva verso nord lungo il lato occidentale della convalle. L’accesso alla città avveniva tramite una bretella che, dopo essere uscita da una porta delle mura, superava con un ponte il Cosia. Ciò sembra anche essere confermato da alcune tombe ritrovate nella zona di Santa Teresa, tra cui quella con gli orecchini d’oro, che erano allineate lungo il proseguimento verso nord della via principale. Un salto nei secoli ci porta a quanto viene tramandato dalle fonti medioevali riguardo al percorso della via Regina ed ai suoi collegamenti con la città. Il tracciato urbano della via Regina, tra San Carpoforo a sud e San Salvatore a nord, ricalca quello romano. Dopo aver attraversato la “Murata” passando per la porta di San Lazzaro, la strada incontrava lungo il suo percorso verso nord: il convento di San Giovanni in Pedemonte; la chiesa di San Marco, dove si può ipotizzare iniziasse il Borgovico; la chiesa di Santa Teresa; la chiesa di San Giorgio e la chiesa di San Salvatore. Poco oltre, all’altezza della Chiesa di Santa Maria di Vico, la via Regina terminava il suo percorso urbano alla Forcola de Via , dove si biforcava: un ramo continuava verso nord seguendo la riva del Lago e l’altro si dirigeva verso il colle di Monte Olimpino.
Per quanto riguarda i suoi collegamenti con la città quello più a sud ricalcava il percorso della bretella romana, seguendo più o meno l’attuale via Borsieri, per poi superare il Cosia con il ponte della Traversa e raccordarsi alla via Regina all’altezza del convento di San Giovanni in Pedemonte. A nord di questa bretella il terreno tra la città e la via Regina si impaludava, rendendo difficile il collegamento, sappiamo però che esisteva un’altra strada che, uscendo da Porta Sala, superava il fossato con un ponte levatoio in legno e dopo aver superato l’ultimo ponte sul Cosia, raggiungeva il Borgovico.
Torniamo ora alle vicende di Borgovico, da “La guerra dei Milanesi contro Como” dell’Anonimo Cumano, sappiamo che nel Borgo di Vico sorgeva una Fortezza o un Castello, cui potrebbero essere appartenute le fondamenta trovate quando all’inizio del ‘700 Marco Gallio fece costruire la villa Gallia sui resti della villa-museo dei Giovio.
Durante il periodo comunale anche Borgovico, fu fortemente coinvolta nelle lotte tra i Rusca ed i Vitani che nel 1303 arrivarono a demolire il ponte levatoio di Porta Sala, sia per isolare dalla città Borgovico, dove risiedevano famiglie amiche dei Rusca, sia per vendicare l’affronto subito nel 1208, quando era stata abbattuta la Porta di proprietà dei Sala, amici dei Vitani. Sappiamo inoltre che il tratto a lago di Borgovico era chiuso tra due porte che furono fatte demolire dal governatore francese Gruerio nel 1507 per costruire dei baluardi a difesa della città. La prima doveva trovarsi poco prima della chiesa di San Giorgio, all’altezza della roggia del Mulinell; la seconda era il portone di San Salvatore, i cui ruderi furono definitivamente eliminati attorno alla fine del ‘700 dal conte Nicola della Porta per costruire l’attuale villa Salazar.
Dopo l’avvento delle Signorie e nei successivi periodi delle dominazioni straniere, le vicende di Borgo Vico seguirono quelle delle città. Dopo anni di pestilenze e di miseria, che videro la zona di Borgovico spopolarsi, solo nella seconda metà del XVIII secolo, il commercio riprese vigore e la zona divenne sede di manifatture e produzioni locali dislocate in edifici costruiti lungo la via principale con la facciata rivolto verso la città. Diversa fu la sorte della fascia a lago dove, fin dal XVI secolo, al tessuto preesistente formato da edilizia di base e complessi religiosi, si sostituì una cortina di giardini e di ville signorili.
Itinerario di visita di Borgovico
Oggi non resta più nulla di visibile del borgo medioevale, ma vale senz’altro la pena di percorre la splendida passeggiata a lago che dall’Aeroclub porta a Villa Olmo e di rientrare verso Como percorrendo le vie interne.
Seguendo questo itinerario incontriamo dapprima Villa La Rotonda, fatta costruire nel 1790 dalla marchesa Villani, poi Villa Gallia, l’edificio più antico nella zona di Borgovico, che il prelato Marco Gallio fece edificare all’inizio del XVI secolo sulle rovine della villa-museo dell’umanista Paolo Giovio e che dagli anni ’60 è sede degli uffici dell’Amministrazione Provinciale.
Infine dopo essere passati davanti alla Villa Parravicini (metà ‘700) e alla Villa Volontè (metà ‘800), arriviamo a Villa Olmo, edificata nel 1782 per conto del marchese Innocenzo Odescalchi. Dal piazzale di Villa Olmo torniamo verso Como su via Cantoni, cui fa da sfondo la Villa Salazar, ma subito la lasciamo prendendo a sinistra la via Museo Giovio, una stradina tortuosa che corre tra i muri di recinzione dei giardini delle ville, per sbucare in via Borgovico lungo cui proseguiamo fino alla Basilica di San Giorgio.
La Basilica di San Giorgio
Antica chiesa parrocchiale del Borgo Vico, la basilica di San Giorgio è citata nella documentazione locale a partire dal XII secolo. Architettonicamente molto diversa dalla chiesa attuale, aveva l’aspetto di una tipica costruzione romanica lombarda a tre navate, terminante verso est con tre absidi: una centrale più ampia, nel cui interno si aprivano cinque nicchie, e due meno profonde ai lati. A partire dal 1081, le pareti delle absidi furono rivestite con un ricco ciclo di affreschi, in buona parte conservatisi discretamente fino ad oggi.
Al centro del presbiterio era collocato il monumentale sepolcro del vescovo comasco Sant’Eutichio (VI secolo), nativo del Borgo Vico; ne rimane solamente una lastra finemente scolpita. Nel XVII secolo si ebbe un’imponente opera di ricostruzione della chiesa con un notevole innalzamento del livello della pavimentazione, reso necessario dalle frequenti esondazioni del lago e un complessivo ampliamento del tempio.L’impronta barocca della nuova chiesa viene delineandosi sempre più tra ‘600 e ‘700, con l’aggiunta della decorazione pittorica nella vela centrale e nelle cappelle, la costruzione della facciata in granito e il rinnovo dell’arredo marmoreo degli altari.
Il Castel Carnasino e Monte Olimpino
Non sono note le origini del castello. La torre che lo sormonta ha origini medioevali ma è possibile pensare ad una matrice romana o almeno bizantina. Sarebbe stata la gemella del Baradello, torre di vedetta collocata in posizione chiave, sopra la città e sopra il valico che porta al Canton Ticino. Sul primo nucleo fortificato medioevale, probabilmente caduto in rovina, venne eretto intorno al trecento un castello, che sembra poi essere stato distrutto nel 1527 per ordine del Governatore spagnolo. Successivamente ricostruito e trasformato nei secoli, con notevoli sovrapposizioni di stili, il Castel Carnasino è stato testimone di storia: fu proprietà degli Odescalchi, di cui rimangono diversi affreschi con stemmi, ritratti ed una tomba gentilizia nella cappella; successivamente ebbe diversi proprietari, dai Coopmans ai Torriani. Un tempo la proprietà era circondata da un immenso parco che prendeva tutta la collina di Cardina.
Esistono ancora la torre ornata da una merlatura in cotto, la cappella gentilizia, le sale interne con i soffitti a cassettone, le ampie scale e un cortiletto interno raccolto intorno a un pozzo di pietra. Il teatrino è andato perduto nell’ultima guerra.
Più sotto passa la strada che sale al Monte Olimpino per scendere poi verso l’attuale confine svizzero. Il nome del Monte Olimpino è probabilmente da ascrivere ad un patronimico Lumpinus . In una cartina del XVI secolo, allegata ad un codice di Paolo Giovio, il colle era citato come Mons Olimpinus , da cui la denominazione attuale. Il Borgo, inizialmente costituito da case sparse, acquisisce importanza dopo il 1500, quando il confine con le terre svizzere si situa a Chiasso e lungo il torrente Breggia.
La via di comunicazione verso la Svizzera (oggi via Bellinzona) diventa importante per gli scambi commerciali e lungo il suo percorso si attestano sempre più frequenti abitazioni e nuclei di attività commerciali ed artigianali. Nel giugno 1756, con la “Riforma al Governo della città di Como e Contado” sotto il regno di Maria Teresa d’Austria, Monte Olimpino acquisisce una connotazione territoriale ben definita.
Il Castello di Pontegana
Tra la fine del III e l’inizio del IV secolo, per proteggere i confini dell’impero dalla pressione delle popolazioni barbariche del nord, venne creato un Limes arretrato, costituito da una serie di città caposaldo e di fortificazioni distribuite in punti strategici, con lo scopo di difendere la pianura e in particolare Milano. Como era uno di questi capisaldi ed è a questo periodo che risale la prima costruzione del Castello di Pontegana eretto in posizione strategica per controllare i movimenti attraverso il Mendrisiotto in direzione di Como e sbarrarne l’accesso attraverso la valle del Breggia. Nel castello risedettero in seguito signori longobardi; nel 789 è attestato il proprietario longobardo Ragiperto da Pontegano. Passato dopo il mille al vescovo di Como, il castello cadde in mano ai milanesi durante la guerra decennale, ma non venne comunque distrutto e nel 1350 il vescovo comasco Bonifacio da Modena ordinò notevoli lavori di ristrutturazione.Probabilmente l’abbandono definitivo avvenne verso la fine del XVI secolo ed i ruderi divennero abbondante e gratuita fonte di materiali da costruzione.
I resti del Castello di Pontegana, di cui ora solo la chiesa è rimasta intatta, sorgono su di un promontorio ben visibile dallo svincolo autostradale e dai vicini centri commerciali. L’imponente fortilizio doveva occupare buona parte del colle ed era probabilmente affiancato da un piccolo villaggio. Verso sud-est la difesa era data dalle mura e forse da un fossato e un terrapieno. Verso nord-ovest si ergeva la rocca vera e propria avente come punti di forza la torre di cui si osservano i resti ed un’altra sulle cui fondamenta si suppone sia stata edificata l’attuale chiesetta. Sempre sui lati nord-ovest e nord-est, la natura del terreno, stravolta dalla costruzione dell’autostrada e dalla correzione della Breggia, rendeva arduo l’assalto. Della struttura difensiva sopravvive un’imponente muraglia dal basamento alto-medioevale nelle cui fondamenta sono introdotti sarcofagi tardo romani.
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