La prova dell’incrocio fra Neanderthal e Sapiens

Home / Archeonotizie / La prova dell’incrocio fra Neanderthal e Sapiens
La prova dell’incrocio fra Neanderthal e Sapiens

Trovata in un cranio la prova dell’incrocio fra Neanderthal e Sapiens

La scoperta è avvenuta in Israele nella grotta di Manot, lungo l’unica “rotta” disponibile nella preistoria per viaggiare dall’Africa verso Medio Oriente, Asia ed Europa.

E’ in un cranio umano, scoperto in Israele, la prova dell’incrocio fra Neanderthal e Sapiens. Risale a 55.000 anni fa e aiuta a ricostruire la storia delle migrazioni dall’Africa verso il continente euro-asiatico, avvenute nel periodo compreso fra 40.000 e 60.000 anni fa.
La scoperta si deve al gruppo coordinato da Israel Hershkovitz, dell’Università di Tel Aviv. I resti appartengono a un adulto ma il sesso è sconosciuto, perché manca la regione frontale che aiuta a definirlo. La scoperta è avvenuta nella grotta di Manot, in un’area frequentata “periodicamente” dai Neanderthal forse spinti dai cambiamenti climatici (come il calo delle temperature), a migrare in posti più caldi, come il Medio Oriente.
Il cranio, tipico di un Sapiens con alcuni tratti dei Neanderthal, dimostra per la prima volta che al tempo di questi spostamenti nella regione vi erano anche uomini più moderni.

Una convivenza preistorica già ipotizzata, ma mai provata

Questa coesistenza era stata ipotizzata nella regione ma ora abbiamo la prova” osserva la paleontologa Laura Longo, dei Musei Civici Fiorentini.
E’ il secondo fossile, che nei suoi tratti arcaici e moderni, mostra l’incrocio fra Sapiens e Neanderthal, dopo che la genetica ha già dimostrato che il 4% del Dna dell’uomo moderno deriva dai Neanderthal. L’altro fossile è stato scoperto in Italia, a Riparo Mezzena (Verona) e risale a 39.000-40.000 anni fa.

 

Il Dna” – sottolinea Longo – “ci dice che c’è stato un incrocio e quindi una coesistenza fra Neanderthal e Sapiens, ma non ci dice quando”.

 

Fossili come questi aiutano a ricostruire la cronologia degli ‘incontri’.
In questo caso, a darci indizi su cosa sia accaduto sono alcune strutture ossee: come il rigonfiamento sul retro del cranio, che ricorda quello dei Neanderthal, nei quali però è più prominente. Tra le linee delle nuca e le linee di inserzione dei muscoli nucali, vi è una fossa, spiega Longo, tipicamente riscontrabile dei neanderthaliani. Tipiche degli uomini moderni sono invece le caratteristiche delle pareti del cranio.
Questo mix di tratti fa luce anche sulle migrazioni fuori dall’Africa, avvenute circa 40.000-60.000 anni fa.
Questo fu un evento chiave dell’evoluzione umana, ma è ancora poco chiaro per la scarsità di fossili. Il cranio di Manot, somiglia ai moderni africani ed europei ma si differenzia dagli altri uomini moderni del Medio Oriente. Questo, secondo gli autori, suggerisce che il fossile appartenga a una popolazione emigrata dall’Africa intorno ai 60.000 anni fa. Questa genti erano strettamente correlate ai primi uomini moderni che hanno colonizzato l’Europa.